In effetti la traversata completa è un percorso da bikers , ma noi ne affrontiamo solo alcune tappe a piedi, da Rizzios a Lozzo, guadagnando comunque la sensazione di aver compiuto una grande impresa che ci ha permesso di conoscere a fondo ogni angolo di questo territorio.

E' sicuramente solo un'impressione … perché per poter dire di conoscere bene questi posti dovremmo ritornarci chissà quante altre volte, ma comunque con il nostro camminare lento e commentato, facendo spazio alle domande, alle idee che ci vengono in mente, ai giochi, alle stramberie…abbiamo il tempo di entrare nel paesaggio e familiarizzare con molti dei suoi elementi. La presenza di bambini di varie età è una grande occasione per me per spaziare l'orizzonte, in tutti i sensi.  Per questo scrivo…da quando cammino con loro.



E' l'ultimo giorno della nostra permanenza in Cadore, abbiamo sulle gambe un buon allenamento…possiamo permetterci un itinerario molto più lungo e ci siamo anche guadagnati, dopo vari dislivelli affrontati, il beneficio che questo sia più facile e pianeggiante…



Al momento della partenza, Rizzios dorme ancora. E' così presto…che decidiamo di perdere un po' di tempo ….girellando per il paese in cerca della casa di Angelo Frescura, fondatore della prima occhialeria in Cadore nel 1878. Delle avventure di Frescura e di come è nata un'industria ne siamo venuti a sconoscenza al Museo dell'Occhiale a Pieve Di Cadore.  
I galli cantano a Rizzios, stamattina, ma per noi dicono …Petener …Petener…chi andrà al museo …capirà!
Per andare a Grea … dobbiamo attraversare il torrente Molinà.
In Cadore la forza delle acque è stata  ed è, in qualche modo, la motrice di molte industrie  e manifatture: dalle occhialerie alle segherie, filande, mulini…oggi nella nostra traversata ne vedremo varie, molte dismesse…alcune funzionanti, seppur solo per scopi museali.

Giunti a Grea, imbocchiamo il sentiero per la Val di Bieggia…e qui ripercorriamo la storia della Longana e di Pedinetto.



Lungo questo tratto di sentiero, sono state installate ogni 300 metri delle tavole che riportano in sequenze la storia della Longana. 
Nella versione domeggese della leggenda un uomo, Pedinetto, si invaghisce di una Longana e la fa sua sposa, a patto che lui non le ricordi mai le sue origini. Dopo anni prosperi, in seguito a una mietitura precoce del grano da parte della Longana che aveva previsto una tempesta, l'uomo la insulta chiamandola "piè di capra" e la Longana sparisce nei boschi lasciando i figli nati dall'unione. Come dicevo in un altro post , tra le varie leggende ascoltate, questa è quella in cui emerge più forte la umanizzazione di queste creature. Qui la longana è al pari di ogni altra femena cadorina; fatica dalla mattina alla sera…e anche questo suo potere di prevedere le condizioni meteorologiche, tanto influenti nella economia dei campi, credo sia più diffuso di quello che si crede…storie di donne sensitive, intuitive…storie di tutte…un po' streghe, un pò anguane. 

Ovviamente, come vuole la tradizione, il sentiero della longana ci conduce ad una fonte, sul fondo del fosso di Bieggia. 
Da qui in avanti…io e i ragazzi ne avremo delle belle per attraversare la Val Bersaglio e rintracciare il sentiero per il Pian Gran.
Manca infatti la documentazione fotografica…eravamo troppo impegnati a ritrovare una traccia di sentiero completamente cancellata da piccole frane, alberi caduti, disboscamenti vari…beh chi la dura la vince. L'abbiamo setacciata tutta …e alla fine ne siano usciti fuori…peccato che il punto in cui siamo usciti…non era presente in mappa. Voi direte come è possibile? 
Una nuova, bella strada silvopastorale…spuntata fuori questo scorso inverno…( così mi diranno due signori del posto incontrati troppo tardi mentre ridiscendevo) che ci disorienta non poco e che ci porta fuori rotta. Facendo appello alla memoria, al senso di orientamento e alle parole del mio maestro Fazion : " noi camminiamo nella nostra mente"…mi decido, dopo aver percorso 200 metri di dislivello in più per una lunghezza di circa 2 km senza ritrovarmi nessun punto di riferimento, a tornare indietro. 

La nuova strada ha cancellato l'attacco del sentiero per Domegge…ma noi duri come le dolomie…lo troviamo più in basso, pure ben segnalato…sul posto…la prossima volta mi procurerò una mappa aggiornata, se esiste.


Dopo le divagazioni…arrivare a Domegge è un attimo. Pranziamo in una locanda storica e ripartiamo per Lozzo.



A Lozzo ci attende la visita al percorso dei mulini ad acqua.
Alle 16.00 siamo davanti ad uno fra i più importanti siti di archeologia industriale di tutto il territorio cadorino.



" ... Il Cadore, fino agli inizi di questo secolo, presentava vari opifici al cui interno vi erano macchine ad acqua che sfruttavano in modo diverso l'energia ottenuta per mezzo di un impianto idraulico.
Lungo il corso del Rio Rin a Lozzo di Cadore si svilupparono nei secoli numerose attività artigianali. Come risulta dalle " Anagrafi Venete" del 1766, a Lozzo vi erano: dieci ruote da mulinoda grani, una sega da legname, un follo da panni di lana, sedici "telari"  da tela e cinque mole
Per tale motivo la "roggia dei mulini" è sicuramente uno degli esempi più interessanti d'archeologia industriale presente sull'intero territorio cadorino, in quanto vi si possono trovare gran parte delle attività preindustriali legate allo sfruttamento della forza idraulica ed il loro modificarsi nel tempo [...]". Ho tratto queste righe di presentazione dall'introduzione del libretto "La Roggia dei Mulini lungo il Rio Rin" scritto da Caterina Dal Mas. Il percorso è documentato molto bene anche online  e ci stupisce, ci appaga dopo la lunga camminata.



La centralina elettrica di Leo Baldovin, a monte di tutto il percorso, merita però due parole in più. 
Leggo nel pannello esplicativo e riporto fedelmente…a testimonianza dell'ingegno di questi uomini.

La ditta dei fratelli Baldovin Carulli ( che avevano la segheria e falegnameria) aveva costruito nel 1915 una centralina in fondo al paese in località "Ronzie", su progetto dell'ing. G. De Zolt. Nel 1916 erano già state costruite le opere "...per derivazione d'acqua dal Rio Rin presso l'abitato di Lozzo di Cadore per produzione di forza motrice a scopo industriale e precisamente per lavorazione del legname…". In data 24 agosto 1926 il podestà comunicava ai fratelli Baldovin Carulli l'approvazione della "domanda per la concessione del permesso di passaggio con tubazione di cemento per la conduttura lungo la strada vicinale Spesse-Manadoira dell'acqua necessaria all'impianto di un'officina per la produzione dell'energia elettrica". Il 20 novembre 1926 la ditta dei fratelli Baldovin Carulli aveva già presentato al presidente del R. Magistrato alle Acque il progetto del geom. Marco Baldovin per la realizzazione della conduttura dell'acqua lunga 662,35 m, del diametro di 30 cm e un salto di 70,16 m, per far funzionare i motori dell'impianto della centralina. Nella centralina ci sono: una turbina Pelton tipo svizzero, n°53 con un getto ad ago; un regolatore di velocità e un alternatore trifase acquistati nel novembre 1926 dalla ditta "Officine - fonderie A. Pellizzari e figli", di Arzignano (Vicenza); una turbina Pelton, reostati e alternatore trifase acquistati nel maggio 1929 presso la ditta "Ercole Marelli e C.S.A."- filiale di Padova. I due gruppi turbina-alternatore hanno una potenza complessiva di 32,77 HP. Dalle concessioni d'acqua pubblica ad uso industriale della provincia di Belluno degli anni '30 risulta che i fratelli Baldovin avevano una concessione dal 26/06/1928 per anni 30. Nel 1958, per rinnovare questa concessione, la ditta Baldovin Giovanni fu Gaspare dovette ripresentare i rilievi dell'impianto idroelettrico sul Rio Rin "Le Spesse-Lozzo". L'alluvione del 1966 distrusse parte della condotta e la centralina rimase inattiva per qualche mese. Nel 1989 l'azienda Baldovin Carulli dovette rinnovare la concessione dell'acqua, ripresentando i rilievi dell'impianto effettuati dall'impresa Hydroenergy S.r.l. di Belluno. Le spese sostenute nell'anno 1928 per l'impianto dell'officina per la produzione d'energia elettrica furono pari ad un totale di £.225.207. Tra i costi maggiori vi erano: costruzione e trasporto di n.452 m di tubo in c.a. a £.96 il ml £.43.416; tubi in acciaio dagli stabilimenti di Dalmine Bergamo m 209,75 a £.160 il ml £.33.913; costruzione centralina in c.a. £.10.750; gruppo turbina alternatore Pellizzari £.33.027; gruppo turbina alternatore Marelli £.36.074; quadro di manovra £.1.920; costruzione linee del trasporto di energia compreso materiali £.40.500. La centralina inizialmente serviva l'intero paese, mentre oggi fornisce energia elettrica a circa 200 utenti ( e vi sembrano pochi? La diga sul Lago di cento Cadore ne fornisce solo 68…e l'impatto è di sicuro maggiore) L'acqua in uscita dalle turbine per mezzo del canale di scarico viene restituita alla roggia sotto stante che un tempo alimentava vari opifici.

Dopo aver letto questa storia, quassù, ci sediamo attoniti e in silenzio di fianco ai lavatoi ricavati dall'acqua di scarico della turbina. Roba da non credere!



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Da Rizzios a Lozzo

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INFO BOX
Località attraversate Rizzios, Grea, Domegge, Lozzo.
Km: 10 + 10 oppure per il ritorno organizzarsi con Dolomiti Bus 
Dove mangiareA Domegge, Bar Serenissima
Cosa visitare A Lozzo, Percorso La Roggia dei Molini 

Mentre arranco per il bosco lungo il sentiero per Dubiea, pregustandomi il piacere di arrivare ai piani in cima…me le immagino le donne cariche di fieno o con la gerla della legna, piegate come giunchi, su e giù per la montagna.
Ora io lo faccio per escursionismo una mattina delle mie vacanze, con il mio bel zainetto mezzo scarico e me ne vanto pure…ma quando arrivo ai tabià e alle casere del grande pascolo di Dubiea ho il tempo di pensare meglio a loro che lo facevano tutti i giorni, tutto l'anno, a seconda delle stagioni per diversi motivi: il fieno, gli animali, la legna…per tutte un carico da portare e anche per i bambini.
E questa una sola parte delle loro attività…poi c'era la casa, i lavatoi, la cucina, la filatura della lana, il cucito, i figli, l'orto e poi più tardi magari anche il lavoro in occhialeria…na vita de fadìe, senz'altro.


Non c'è in questo che scrivo, né buonismo né angelismo…ho in testa le Sabina, Anna, Angela e le altre raccontate da Giovanna Zangrandi, nei suoi romanzi, donne che hanno attraversato la prima guerra mondiale, la seconda e la resistenza con la loro immensa dignità, seguendo il richiamo del sangue, l'etica profonda di tutte queste donne faticatrici: madri arcaiche - dee - regine del Cadore.


Di queste fatiche rimangono molti segni ai piani di Dubiea, ci sono le tabià, le stalle, le casere …anche i ruderi di un piccolissimo villaggio e in fondo la chiesetta di S. Osvaldo, quotata 931 m slm piena di antiche iscrizioni. Questo genere di economia rurale montana non è completamente dimenticata in Cadore,  Luigino, l'oste  del Covo dei Zater, il giorno prima della nostra ascesa, ci aveva detto che i Tabià e i ricoveri di Dubiea sono ancora usati da qualcuno per i cavalli, ma noi non abbiamo la fortuna di incontrarli.



Il piano è romito oggi, completamente desolato è il nostro palcoscenico in quota per qualche ora di relax. La prospettiva è quasi a 360 gradi. 
Neanche le anguane si sono fatte vive dal loro "bus"…


Avevamo, dunque, indicazioni precise di dove andarle a cercare…dopo la croce Al Bec…si prosegue fino a che si sente provenire da un crepo un'aria gelida…è il loro buco, il bus.
Occorre tendere l'orecchio e ascoltare…


Riflettendoci bene…ritroviamo anche nelle leggende cadorine delle anguane …la durezza della vita quotidiana delle donne di un tempo. Le longane (anche così venivano chiamate) le troviamo sempre a faticare quando incontrano gli umani: lavandaie, dedite alle messi, dedite alla casa, ai figli…è così nella storia della Longana e di Pedinetto da Deppo… sulle cui tracce andremo domani.


Il rientro a Perarolo dai Piani di Dubiea lo effettuiamo prendendo la mulattiera che scende dietro una teleferica che portava il legname a Valle. Tutto ripido e in discesa, ci impieghiamo 3 ore, massima concentrazione fino a raggiunger la ferrovia, attraversarla ed effettuare l'ultimo tratto  lungo il torrente Boite. Nonostante l'impegno e la fatica non possiamo fare a meno di fare fin troppe fotografie del paesaggio.

Ai Piani di Dubiea


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Località Perarolo, Piani di Dubiea
Notizie sulla escursione Anello Perarolo, Dubiea Tabià del Bel, S. Osvaldo, Perarolo. Mappa escursionistica Tabacco 016. Km: 6 c.a Dislivello: 400 m. Altre possibili escursioni a Dubiea.
dove dormire A Perarolo: Appartamenti Le Mat, B&B Il Cidolo
dove mangiare A Perarolo Al Covo dei Zater
cosa visitare A Perarolo: Palazzo Lazzaris, Museo del Cidolo.
La nostra curiosità circa le origini della civiltà cadorina ci spinge a Lagole, a Calalzo, sulla sponda sinistra del Lago di Centro Cadore, in un bosco rado fra sorgenti, rivoli, laghetti e cascatelle. 
Luca Valmassoi e Iolanda, nostri mentori in Cadore, ci dicono sia un santuario all'aria aperta dedicato ad una divinità sanante venetica riferibile a partire dal VI sec a.c. da cui si può partire per conoscere la storia del Cadore. Dopo di che cominciano  a suggestionarci con una leggenda che vuole che a Lagole, in una zona ora sommersa dal lago, vivessero delle creature fantastiche dal nome di anguane, donne bellissime dai piedi di capra, dal comportamento ambiguo nei confronti degli umani: a volte bravissime e di supporto, a volte invidiose e assassine…



Per capirne di più andiamo … dalle anguane a Lagole.
Nei restanti giorni della nostra permanenza in Cadore non ci libereremo più delle anguane, ce le vedremo spuntare fuori da ogni crepo, grotta, rivo d'acqua che incroceremo lungo il nostro cammino, e di loro racconteremo in un'altra storia.


Attraversiamo la zona della stazione ferroviaria di Calalzo, e scendiamo a piedi verso il lago…oggi non c'è nessuno, ci sembra un privilegio. Cominciamo ad esplorare il sito, noncuranti delle segnaletica di percorso…cercando di interpretare quello che vediamo con le nostre conoscenze.



Quello che ci apre davanti agli occhi è uno scenario molto suggestivo: numerosi rivoli che scendono in laghetti, rocce sul fondo dal colore rosso, a tratti lieve odore di zolfo. Questo ci segnala un elevato tenore minerale delle rocce, non ci stupisce pertanto che i Veneti avessero fatto di Lagole un luogo di culto  attribuendo ad una divinità il potere salutifero delle acque: il suo nome Tribusiati/Tramusiati gradualmente sostituito con Apollo con la romanizzazione del comparto alpino orientale ( tra il I sec a.c e il I sec d. c.).


Risaliamo a ritroso cercando le sorgenti…è tutto un saltellare di qua e di là che diverte molto i ragazzi. Non posso non notare un contrasto enorme: le tabelle segnaletiche riportano la dicitura "Lagole la culla della civiltà", ma guardandoci intorno…sono evidenti i segni dell'inciviltà contemporanea…Lagole è violentata dai visitatori…i loro rifiuti sono un po' ovunque..microrifiuti...ma ci sono: cicche di sigarette per lo più, tappi di bottiglia, fazzoletti di carta…in processione … resti di cibo. Non mi piace questo…non me lo aspettavo, ma faccio lo sforzo di pensare sia dovuto all'elevata frequentazione nel periodo estivo…anche i contemporanei vengono a bagnarsi in queste acque benefiche…i Veneti antichi lasciavano simpula ( mestoli per prendere l'acqua), armi, bronzetti votivi, tintinnabula e altri oggetti defunzionalizzandoli…noi lasciamo monnezza!




In Cadore, i Veneti giunsero risalendo il Piave, quando l'invasione gallica li costrinse a rifugiarsi sui monti (sesto secolo avanti Cristo).
I Veneti portarono nel Cadore semiselvaggio le civiltà del bronzo e del ferro, il commercio, l'industria e l'arte di altri popoli italici con cui avevano avuto contatti. A Lagole, ricerche archeologiche avvenute negli anni Cinquanta, purtroppo incompiute, portarono alla luce una notevole quantità di reperti legati al culto del santuario di Lagole: ex-voto, offerte, doni.

Al museo archeologico di Pieve di Cadore, questi reperti sono tutti ben esposti, nel pomeriggio andremo in visita al museo ricostruendo minuziosamente il quadro. Il volontario che è presente al museo, all'interno del palazzo della Magnifica Comunità del Cadore, ci privilegia di accompagnarci fra le teche e generosamente ci descrive i reperti, anche questa volta siamo solo noi e un'altra famiglia con bambini…la spiegazione di questo signore è perfetta, comprensibile, attrae l'attenzione di tutti, vorrei ringraziarlo ma non conosco il suo nome…rare volte gli operatori museali sono così abili e pazienti…lo ricopriamo di domande. 
Il pomeriggio a Pieve di Cadore, si completa con la visita agli altri 2 musei: la casa di Tiziano Vecellio e il Museo dell'occhiale…è un pomeriggio di pioggia e questa opportunità cade a pennello. 

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Lagole: un santuario dei Veneti antichi - Calalzo.

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Località Calalzo, Lagole.
  
Come raggiungere Si può raggiungere Lagole, anche in bici percorrendo la ciclabile delle Dolomiti 
Ristoro Chalet Lagole 
Altro da visitare Museo Archeologico a Pieve Di Cadore

Per una volta, la strada di cui parlo non è la metafora della vita, ma la via di accesso al Cadore.

Questo primo giorno di narrazioni lo dedico alle vie che attraversano questo angolo del nostro paese … antiche o moderne, strade piene di gente ingegnosa, di popolazioni ambiziose, di fatiche, di rami, alberi caduti, vegetazioni … rocce da fendere con tutti i mezzi.

Mi trovo a Perarolo con bambini al seguito, vivremo per 4 giorni al Palazzo Lazzaris.…per raccontare il Cadore con i nostri occhi.
Ci siamo incuneati in questa Valle storica del Piave in mezzo alle Dolomiti orientali dopo aver percorso più di 500 km e oggi al primo giorno di escursione metteremo i nostri scarponi sulle principali e storiche vie del Cadore, nell'ordine: la Cavallera, la antica strada Regia, la strada di Alemagna…migliaia di anni di storia.

L'itinerario che percorreremo si snoda da Perarolo a Damos, poi da Damos a Valle di Cadore, effettueremo una passeggiata a Valle fino alla Borgata Costa e da lì riprenderemo a ritroso il sentiero.



Attraversiamo il ponte sul Torrente Boite, ecco questo è l'unico brevissimo passaggio sulla Cavallera prima di inerpicarsi per sentieri. 

Fino all'inizio del XIX secolo l'accesso al Cadore avveniva attraverso l'antica strada Regia, che più tardi calcheremo. Per l'asprezza dei luoghi e la composizione del terreno, il percorso era insidioso e così l'imperatore d'Austria Francesco II decise di far costruire una nuova strada denominata Strada Postale di Alemagna. Fu progettata da due ingegneri: Malvolti e Francesconi e realizzata in 5 anni. Il tratto più impegnativo di questa strada è proprio questo che termina a Perarolo e che sviluppa in 3 chilometri di tornanti quasi 200 metri di dislivello. Si chiama così perché qui, all'inizio della salita, era necessario cambiare i cavalli e raddoppiare il tiro da 2 a 4.  La Cavallera fu dismessa nel 1985 con la costruzione del Ponte Cadore …che in questi giorni però è ancora in manutenzione, pertanto lo si percorre solo in una direzione, nell'altra si effettua una deviazione per la Cavallera, questo ci ha permesso di cogliere a metà percordo la presenza della targa commemorativa dei 2 costruttori e di apprezzarne la sapienza costruttiva e ardita concezione ingegneristica.


Ora noi andremo a superare, per un sentiero in salita, lo stesso dislivello che fa la Cavallera in 3 tornanti , per giungere a Damos con piena soddisfazione…delle nostre piccole gambette.


A Damos tutta la nostra attenzione è catturata dalla chiesa di S. Andrea e S. Giovanni  e in particolare dalle tombe del piccolo cimitero della borgata che si trova sul sagrato della piccola chiesa, chiuso da un muretto. Leggiamo cognomi, date, onorificenze…immaginiamo le gesta di queste persone cui non dispiacerà il nostro giocoso girovagare fra le lapidi. 


Si riparte per Valle…ora il percorso ci condurrà lungo un primo tratto bello e pianeggiante di costa attorno al Monte Zuco fino ad imboccare il tracciato dell'antica strada Regia…entrando a Valle per il Ponte di Rualan
Tanti viaggiatori illustri l'anno attraversata, Lutero, L'imperatore d'Austria, Tiziano…e oggi anche noi.


Valle di Cadore è disposta su un teatro naturale molto ampio, le prime abitazioni che incrociamo sono quelle disposte attorno alla chiesa della SS Trinità, saliamo sulla strada statale 51di Alemagna, una lunga terrazza da cui ammirare le case storiche di Valle. 
Ci rifocilliamo con una buona colazione e girovaghiamo fino alla borgata di Costa, qui c'è il tempo e la suggestione di fare un po' di sketching nel nostro diario: disegni, particolari, riprodurzioni per allenare l'occhio e la fantasia.


Lungo Via Romana, facciamo molte fotografie …poi in un attimo ci troviamo di nuovo al ponte di Rualan.


Continui richiami ci fanno fantasticare sulla storia in epoca romana qui in Cadore. Quando questa regione entrò nella federazione romana…doveva essere già molto evoluta, prospera, dedita all'agricoltura, le risorse non mancavano. In genere i romani si appropriavano, riciclandolo, dell'esistente, magari migliorando l'organizzazione e le infrastrutture e allora qui strade e ponti  dovevano già esistere …è ovvio. 

Così ci viene la curiosità di conoscere storie delle civiltà pre-romane del Cadore: i veneti antichi e anche prima, e domani andiamo alla scoperta della culla della civiltà:  il sito archeologico di Lagole.

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Perarolo - Damos - Valle.

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descrizione escursionePerarolo- Damos, Damos - Valle di Cadore e ritorno. Km: 10, dislivello 300 m  
dove dormire A Perarolo: Appartamenti Le Mat, B&B Il Cidolo
dove mangiare A Perarolo Al Covo dei Zater, aValle a La Tappa 
cosa visitare A Perarolo: Palazzo Lazzaris, Museo del Cidolo.
A Damos: Chiesa di S. Andrea e Giovanni
A Valle: antica borgata di Costa
Quel pomeriggio di maggio avevo una cosa ben precisa in testa: curiosa di vedere direttamente ciò che molti testi descrivono, mi sono decisa a raggiungere la STUA di Padola.
Ho preso la macchina e percorrendo la strada statale sono arrivata da Santo Stefano a Padola, splendido paese incorniciato da boschi e montagne.
Prima di arrivare in piazza ho parcheggiato la macchina sulla sinistra, davanti ad alcune case, chiedendo cortesemente il permesso ad una gentile vecchietta, che con la scusa di una parola ha approfittato per raccontarmi un po’ della sua giornata.
Scendo poi tra le curate case vicine, dove vedo la gente intenta a svolgere le proprie faccende, accompagnata dall’abbaiare dei cani che curiosi mi inseguono lungo la rete dei loro recinti.
Arrivo davanti ad una semplice indicazione con scritto LA STUA, che mi dirige verso una diritta stradina sterrata.



In fondo alla strada mi soffermo sulle prime dettagliate indicazioni ed oltre queste non posso non notare l’imponente mole della stua che permetteva la fluitazione del legname.



ACQUA e LEGNAME, beni preziosi ed indispensabili per l’economia del Cadore.


Le piante locali erano trasportate via fiume (mnàdä) per essere commerciate ed arrivavano prevalentemente a Venezia, per la costruzione dei palazzi e le navi dell’Arsenale.
La fluitazione veniva regolata lungo i corsi d’acqua dai menadàs, che convogliavano le piante verso la giusta direzione, fino al loro arrivo presso i cidoli. Il cidolo sul Piave di Perarolo era il punto di raccolta delle taglie (unità di misura con la quale venivano selezionate le piante), anche quelle provenienti dai boschi del Comelico.
Dove la forza del corso d’acqua non era sufficiente al trasporto delle taglie, venivano realizzate le chiuse, come la stua di Padola; l’acqua incanalata in questa diga artificiale, veniva rilasciata con forza in modo da trascinare i tronchi disposti sulle sponde.


Scendendo poi all’interno della stua, raggiungibile attraverso una ripida strada serpentina, si ammira la struttura in pietra d’inizio Ottocento, coperta recentemente in legno, anche se un tempo doveva essere totalmente realizzata in questo materiale (1500). 


Internamente due piccoli ambienti accolgono il visitatore: una stanza dove è illustrata la storia della stua e della fluitazione del legname, all’opposto un ambiente dove colpisce l’affresco realizzato da Vico Calabrò.



L’affresco illustra I lavori del bosco, andando a rendere visibile ciò che è solamente immaginabile ed accompagnando la sensazione di storia, ormai lontana, che inebria questo prezioso luogo, ricco di tradizioni montane cadorine.


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Località Per raggiungere Padola: percorrere la SS52 da Santo Stefano di Cadore, per Dosoledo e poi Padola.
Cosa altro visitare nei pressi Val Comelico 
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